THE RIVER
Era una mattina tersa e limpida. Il cielo, tintosi nuovamente d’azzurro, si era liberato dalla pesante e soffocante coltre grigia di nubi. Non era certo una fresca giornata di primavera, ma in Africa, si sa, non esistono le mezze stagioni! Finalmente la pioggia aveva terminato di cadere copiosa sui campi e sulle strade sterrate. L’incessante sciabordio dell’acqua sugli umili tetti sembrava, ora, un lontano ricordo. Solamente alcune nuvole stanche e sfilacciate si perdevano all’orizzonte, ricordandoci ciò che ci aveva impedito di raggiungere, nei giorni precedenti, la meta del nostro viaggio.
Sapevamo che il villaggio verso cui eravamo diretti si trovava in una posizione difficilmente raggiungibile, nei pressi del Grande Fiume. Per questo motivo, non ci era difficile immaginare come l’unico modo per arrivare sul posto fosse quello di scivolare sulle acque, come fossimo dei serpenti o degli alligatori. Il nostro spirito e le nostre intenzioni, naturalmente, erano molto diversi da quelle dei più temibili e feroci predatori!
Caricammo le nostre canoe con tutto quello che bisognava consegnare agli abitanti del piccolo centro, tra cui magliette per i bambini e uova per merenda. Con il cuore pieno di emozione e curiosità, partimmo!
Non era certo un mezzo di trasporto comodo come le nostre auto o gli autobus urbani che attraversano, come da noiosa prassi quotidiana, le nostre città! Mai avrei pensato di concedere una qualche menzione positiva agli stracolmi parallelepipedi su quattro ruote ma, quando conosci realtà diverse dalla tua, hai modo di riflettere molto e profondamente. In quel momento, tuttavia, non mi importava nulla di ciò che avevo lasciato a Bergamo. Mi limitavo ad osservare incantata le paludose distese verdi nelle quali si incuneavano le placide e torbide acque del fiume. Mi sentivo sospesa tra sogno e realtà con gli occhi pieni di meraviglia!
Dopo un tempo indefinito - molto vicino, forse, alla dimensione onirica – e oltrepassata un’ansa del fiume, l’immaginazione lasciò il posto alla realtà in tutta la sua chiarezza. Dalle acque emergevano fiere, pur nella loro modesta veste, le case degli abitanti di quella terra ai confini del mondo. Palafitte in legno, dagli enormi tetti in paglia o in lamiera e sospese su quella strada naturale, abbracciarono il nostro corteo. Intorno a noi la gente ci osservava curiosa. Occhi sgranati si affacciavano dalle fessure delle umili abitazioniseguendo il nostro fluire in mezzo alle strane vie di quella “città”: non erano certo abituati a frequenti visite di persone non facenti parte della loro comunità. Prima di approdare, volli catturare, con la mia amata macchina fotografica, la vita che mi scorreva intorno. Le nostre non erano le uniche canoe, anzi! Ci danzavano intorno tante piccole imbarcazioni guidate da ragazzini, l’età dei quali non poteva che essere inversamente proporzionale alla loro capacità di stare al mondo. Era impressionante vedere braccia così giovani muoversi come quelle di uomini fieri temprati dall’esperienza. Loro, tuttavia, non erano i soli padroni delle berline galleggianti. Due donne, sedute sulle rispettive canoe, si voltarono al nostro passaggio. Avvolte nei loro colorati vestiti, cessarono per un istante il loro lavandare per osservarci con sguardo interrogativo. Un bambino, seduto a prua, ricambiò il mio saluto con un modo di fare a metà strada tra la soggezione e la curiosità. Mentre le zanzare succhiavano avide dalla mia pelle – ora potevo capire quanto fosse essenziale l’enorme quantità di zanzariere che avevamo portato con noi e che avremmo distribuito a breve -, arrivammo ad un edificio in muratura. Sebbene ci fossero poche altre case in mattoni o calcestruzzo, questa struttura aveva tutta l’aria di essere il vero cuore del piccolo villaggio. Si trattava forse della scuola? La risposta non poteva che essere affermativa. Sicuramente quella piccola e modesta costruzione, pur nel suo superbo tentativo di ergersi tra le altre, era il luogo in cui avremmo sostato per distribuire il nostro prezioso carico. Ad attenderci sotto i portici colonnati e lungo la scala, che sembrava affondare le sue radici nell’acqua, c’era una gran quantità di persone. Non appena fui scesa dalla canoa, una cascata di voci e un turbinio di mani mi avvolsero. Non nascondo che tutta quella esuberanza mi destò qualche preoccupazione e qualche disagio. Avvertiti del nostro arrivo, gli adulti sembravano parecchio incuriositi e gli occhi dei bambini tradivano molte emozioni. Non erano di certo abituati a vedere persone con un colore della pelle diversa dalla loro. La distribuzione delle magliette fu, senza dubbio, il momento più concitato tanto che la polizia locale, che ci aveva accompagnato, cercava di tenere un po’ a freno l’agitazione generale. Persino una maglietta era un bene molto prezioso. In Italia non avremmo avuto timore a scartarla dal nostro armadio non appena fosse passata di moda o non avesse evidenziato la nostra forma fisica in modo perfetto!
Fu inevitabile! La mia macchina fotografica mi condusse, quasi d’istinto, a mettere a fuoco i volti e gli occhi dei bambini colmi distupore, curiosità, meraviglia, fierezza e, soprattutto, timidezza. Ritrovai, ancora una volta, quella infinità di sguardi che avevo catturato nelle visite in altri villaggi!
Assorbita completamente dal grande lavoro e pervasa dall’adrenalina, non mi accorsi che già si stava facendo buio e che era giunto ormai il momento di tornare alla nostra base. Prima di scivolare, nuovamente, sulle tranquille acque del Grande Fiume, sostammo ai bordi del villaggio per ammirare il tramonto. È proverbiale la bellezza dei tramonti africani, ma quello che vidi quel giorno fu, ai miei occhi, il più splendido di tutti. Sospinta dalle emozioni di quella giornata, con gli occhi e il cuore colmi di stupore, decisi di immortalare quell’ultimo momento magico con lo scatto della mia fedele compagna di viaggio.
It was a very clear morning. The sky, once again tinged with blue, had been freed from the heavy and suffocating grey blanket of clouds. It was certainly not a fresh spring day, but in Africa, you know, there are no in-between seasons! The rain had finally stopped falling heavily on the fields and dirt roads. The constant lapping of water on the humble roofs now seemed a distant memory. Only a few tired and frayed clouds lingered on the horizon, reminding us of what had prevented us from reaching our destination in the previous days.
We knew that the village we were heading for was in a hard-to-reach location, near the Great River. Therefore, it was not difficult for us to imagine that the only way to get there was to glide over the water, as if we were snakes or alligators. Our spirit and intentions, of course, were very different from those of the most fearsome and wild predators!
We loaded our canoes with everything that needed to be delivered to the inhabitants of the small village, including T-shirts for the children and eggs for snacks. With a heart full of excitement and curiosity, we left!
It was certainly not as comfortable a means of transport as our cars or the city buses that criss-cross our cities as a boring daily practice! I would never have thought of granting any positive mention to the overcrowded parallelepipeds on four wheels, but when you get to know realities different from your own, you have the opportunity to think a lot and deeply. At that moment, however, I didn't care at all about what I had left behind in Bergamo. I was simply gazing, enchanted, at the marshy green expanses into which the placid, murky waters of the river were wedged. I felt suspended between dream and reality with eyes full of wonder!
After an indefinite time - very close, perhaps, to the dream dimension - and after passing a bend in the river, imagination gave way to reality in all its clarity. Proudly emerging from the waters, despite their modest appearance, were the houses of the inhabitants of this land at the edge of the world. Wooden stilt houses, with huge thatched or tin roofs, suspended over that natural road, embraced our procession. All around us, people watched us curiously. Wide-eyed, they peered through the cracks of the humble dwellings, following our flow through the strange streets of that "city": they were certainly not used to frequent visits from people who were not part of their community.
Before landing, I wanted to capture, with my beloved camera, the life that flowed around me. Ours were not the only canoes, quite the contrary! Many small boats led by young boys danced around us; their age was inversely proportional to their ability to be in the world. It was impressive to see such young arms moving like those of proud men tempered by experience. But they were not the only masters of the floating sedans. Two women, sitting in their respective canoes, turned as we passed. Wrapped in their colourful clothes, they stopped their washing for a moment to look at us with a questioning look. A child, sitting on the bow, returned my greeting with a manner somewhere between awe and curiosity.
As the mosquitoes sucked greedily from my skin - I could now understand how essential the huge amount of mosquito nets we had brought with us, and would be distributing shortly, was - we arrived at a brick building. Although there were a few other brick or concrete houses, this structure seemed to be the real heart of the small village. Was it the school maybe? The answer could only be in the affirmative. Surely this small and modest building, despite its superb attempt to stand out among the others, was where we would stop to distribute our precious cargo. Waiting for us under the colonnaded arcades and along the staircase, which seemed to sink its roots into the water, was a large number of people. As soon as I stepped out of the canoe, a cascade of voices and a flurry of hands enveloped me.
I won't hide the fact that all this exuberance aroused some concern and some discomfort in me. Warned of our arrival, the adults seemed quite intrigued and the eyes of the children betrayed many emotions. They were certainly not used to seeing people with a skin colour different from their own. The distribution of the T-shirts was undoubtedly the most agitated moment, so much that the local police, who had accompanied us, were trying to keep the general excitement under control. Even a T-shirt was a very valuable and precious commodity. In Italy we would not have been afraid to discard it from our wardrobe as soon as it went out of fashion or had not highlighted our physical form to perfection!
It was inevitable! My camera led me, almost instinctively, to focus on the children's faces and eyes, filled with amazement, curiosity, wonder, pride and, above all, shyness. I found, once again, that multitude of gazes I had captured on visits to other villages!
Completely absorbed by the great work and filled with adrenaline, I did not realise that it was already getting dark and that it was now time to return to our base. Before slipping back into the calm waters of the Great River, we stopped at the edge of the village to admire the sunset. The beauty of African sunsets is proverbial, but the one I saw that day was, to my eyes, the most splendid of all. Driven by the emotions of that day, with my eyes and heart filled with wonder, I decided to immortalise that last magical moment with a shot of my faithful travelling companion.